I diritti dell’uomo in declino (intervista a Stefan Trechsler)

I diritti dell’uomo in declino (intervista a Stefan Trechsler)

I diritti dell’uomo in declino

Intervista al Prof. Dr. Stefan Trechsel, Berna, luglio 2018

Stefan Trechsel, professore emerito di diritto penale, getta uno sguardo alla sua lunga carriera al servizio dei diritti dell’uomo. A sua figlia, la giornalista Anna Trechsel, a casa sua, racconta come ha vissuto il suo incarico quale membro svizzero della Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo e spiega come vede l’iniziativa popolare per “l’autodeterminazione”.
A.T. Sei arrivato, nel 1975, quale primo membro svizzero della Commissione europea dei diritti dell’Uomo a Strasburgo. Come mai?

S.T. Avevo scritto il mio lavoro per l’abilitazione alla carriera universitaria che trattava principalmente della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) su consiglio del professor Hans Walder a Berna, poi diventato Capo della Procura federale. Dopo la ratifica della CEDU da parte della Svizzera nel 1974, divenne disponibile un posto di Membro della Commissione. Ne ero a conoscenza e mi diedi da fare. In quell’epoca sarò stato, di fatto, una delle persone che, in Svizzera, conoscevano meglio la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

 Come era il tuo lavoro a Strasburgo?

Il lavoro nella Commissione era relativamente complesso e molto diversificato e perciò appassionante. La Commissione, da una parte, decideva, come se fosse una Corte costituzionale, se un reclamo fosse ammissibile o meno. Se la Commissione dichiarava un reclamo come non ammissibile, la decisione era definitiva, era la fine del reclamo. C’erano diversi criteri riguardo all’ammissibilità: si doveva prima, tra l’altro, avere esaurito le vie giudiziarie  nazionali, questa è una norma generale nel diritto internazionale. Inoltre si verifica se un reclamo sia stato inoltrato per tempo, se la Commissione fosse competente e se il reclamo non sembrava manifestamente infondato.

Prof. Dr. Stefan Trechsler
Cosa capitava se un reclamo era ammissibile?

Succedeva solo raramente. In quell’occasione esaminavamo il caso. In alcuni casi, andavamo sul luogo, visitavamo una prigione e interrogavamo dei testimoni. Lavoravamo come dei giudici istruttori, specialmente se si trattava di reclami presentati da Stati, per esempio nel caso di Cipro contro la Turchia. Nei casi in cui il reclamo approda finalmente alla Corte, allora un membro della Commissione, inizialmente perfino più membri della Commissione, fungevano nell’udienza quali consulenti “amici curiae”, quasi come dei Procuratori pubblici. Vuol dire che tenevamo anche delle arringhe ed eravamo in contatto con gli avvocati degli autori dei reclami.

Perché ti sei interessato dei Diritti dell’Uomo? Quale giurista avresti potuto scegliere una specializzazione completamente diversa.

Prima mi sono specializzato nel diritto penale, non nel diritto internazionale o il diritto pubblico, poiché mi interessava l’aspetto umano nel diritto, la relazione con domande di carattere psicologico e filosofico: cosa significa responsabilità, quando qualcuno è responsabile? Da lì c’è solo un piccolo passo verso i diritti fondamentali, quelli mi incuriosivano già durante gli anni all’Università. La motivazione consisteva nell’opportunità di poter fare qualche cosa di utile, di aiutare le vittime.

Il Consiglio d’Europa e la CEDU furono costruiti sulle rovine della Seconda Guerra mondiale: dopo le esperienze terrificanti delle guerre del 20esimo secolo, si volevano costituire delle istituzioni che avrebbero reso possibile un avvenire pacifico all’Europa. Contava ciò nelle tua decisione?

Senz’altro. L’idea di fondo era che non fosse possibile una pace duratura, se gli Stati non trattavano con rispetto e stima i propri cittadini. Per questo motivo considero illusorio che con Kim Jong-un, il dittatore della Corea del Nord, si possa concludere una pace, quando tratta i suoi sudditi così male, come sembra il caso di essere secondo tutti i rapporti.

Si può dire, in modo semplificato, che i Diritti dell’Uomo sono importanti per la  pace?

Sì, si può dirlo. Ma forse non in primo luogo, la pace presuppone un rapporto tra Stati o da parte di essi. I Diritti dell’Uomo sono invece una protezione dell’individuo, della persona singola. Non è la stessa cosa, tuttavia, nei due casi, si tratta in primo luogo della protezione dell’essere umano.

L’Università di Zurigo
Quando ero bambina, negli anni ’80, raccontavi ogni tanto di visite in prigioni in Turchia, di vittime di tortura con i quali avevi parlato. Mi impressionavano fortemente questi racconti. Come hai reagito quando hai sentito a voce viva di questi destini terrificanti?

Dopo aver interrogato per tre giorni delle vittime di tortura ero sconvolto a tal punto che quasi non riuscivo a prendere congedo senza tergere le lacrime dagli occhi. Ancora oggi, quando mi ricordo, sono molto turbato. È oltremodo impressionante. Mi è cresciuta una grande ammirazione, specialmente per le donne coraggiose. Molte vittime dei servizi di sicurezza erano donne. Erano cosi valorose e riuscivano a resistere e hanno sofferto terribilmente, senza cedere e tradire delle persone. Mi ha fatto grande impressione.

Durante la tua attività a Strasburgo ci sono altre esperienze che si sono impresse nella tua memoria?

C’erano tanti casi interessanti, in ambito psicologico, politico e giuridico. C’era un caso del quale vado fiero. Abbiamo contribuito in maniera decisiva che nelle scuole in Inghilterra, nel 1998, siano state abolite le pene corporali che consideravamo in contrasto con i Diritti dell’Uomo. Ci siamo battuti con tenacia, la resistenza, in Inghilterra, era veemente. Tutt’ad un tratto anche in Svezia avevamo tanti casi. Gli Svedesi si consideravano, però, senza macchia. In seguito si è riscontrato che la protezione giuridica nelle procedure amministrative era molto debole e che i cittadini non avevano praticamente nessuna possibilità di portare un contenzioso davanti ad un tribunale. Quando l’avevamo scoperto, gli svedesi non furono per nulla contenti.

In un caso concernente l’Italia, una persona era condannata a vivere su un isola che non era accessibile al pubblico. Egli faceva valere che si trattava praticamente di una privazione della libertà. Abbiamo esaminato e discusso esaurientemente la faccenda e gli abbiamo dato ragione. La Corte ci seguiva in questo ragionamento.

Dopo la caduta della Cortina di ferro, il Consiglio d’Europa si è ingrandito fortemente. A poco a poco, tranne la Bielorussia, sono diventati membri anche tutti gli Stati dell’Europa orientale. Proprio in alcuni di questi Stati le norme dello stato di diritto sono messe in forse e svuotate del loro significato.

È oltremodo doloroso e deprimente constatarlo. Ci si domanda a cosa abbia servito la CEDU, se esistono degli orientamenti totalmente illiberali, che minoranze sono soffocate, che la libertà di opinione è fortemente limitata, politici dell’opposizione incarcerati. Non è deplorevole solo in Turchia dove lo stato di diritto, dopo il golpe dell’estate 2016 è alla deriva. Pure in Ungheria, in Polonia e nella Slovacchia lo stato di diritto non sembra essere ancorato solidamente, non parliamo poi della Russia. È veramente molto preoccupante.

Hai una spiegazione per questa deriva?

Sarà in buona parte una conseguenza della crisi dei rifugiati – non in Turchia, ma in Polonia e in Ungheria. I rifugiati sono considerati una minaccia enorme da chi è al potere. Essi vogliono rimanere al potere è ciò è più facile se hanno un nemico esterno. I presunti attacchi dall’esterno forniscono un pretesto: “Adesso dobbiamo essere uniti. Sono parassiti e batteri che arrivano nel nostro paese, c’è il rischio che distruggano la nostra comunità e che perdiamo la nostra identità.” Anche la nostra UDC suona questa melodia. Questo ordine di argomenti favorisce il nazionalismo, che rischia di avvicinarsi un po’ al fascismo. Voglio essere prudente e non dico che Viktor Orban, il Primo ministro dell’Ungheria sia un fascista. Tuttavia il paragone non è manifestamente fuorviante.

I Governi  autoritari si difendono contro ogni cambiamento.

Esatto. Un esempio estremo lo fornisce il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan: Tutti quelli che avevano qualche legame con il movimento di Fethullah Gülen sono per lui dei terroristi. Allora tutto è chiaro, Erdogan si sente legittimato di limitare i loro diritti e di calpestare tutta questa gente. La Commissione internazionale dei giuristi, di cui faccio parte, dieci anni fa condusse un’inchiesta in tutto il mondo per capire come nella lotta al terrorismo fossero rispettati i Diritti dell’Uomo. Abbiamo constatato che spesso si agiva abusivamente. Questo è  peccato ed è stupido poiché fornisce ai veri terroristi degli argomenti contro i rispettivi Stati.

Hai detto che sei deluso perché il Consiglio d’Europa non è in grado di frenare le derive in Polonia, in Ungheria, in Turchia e in Russia. Non è abbastanza forte la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo? Il Consiglio d’Europa e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non sono abbastanza potenti?

Sì, lo si può dire. Globalmente ed in generale posso constatare che il rispetto  per i Diritti dell’Uomo, negli ultimi venti anni, è diminuito fortemente. Quando sono diventato membro della Commissione dei Diritti dell’Uomo, allora i Diritti dell’Uomo erano una realtà positiva e basta. Adesso, sembra che in cima della graduatoria dei valori, stia la sicurezza, e i Diritti dell’Uomo, spesso, sono considerati una minaccia per la sicurezza e perciò svalutati. Non sono più considerati come il più nobile dei traguardi dei governi. Tuttavia, sono proprio i Diritti dell’Uomo che garantiscono la sicurezza, poiché danno alle singole persone un po’ di protezione dall’arbitrio dello Stato e dalla discriminazione.

Da noi in Svizzera funziona bene la divisione dei poteri, lo stato di diritto è forte. Tuttavia tra poco voteremo sull’iniziativa popolare per l’autodeterminazione dell’UDC, conosciuta pure sotto il nome “Diritto svizzero invece di giudici stranieri”. Cosa pensi di questa iniziativa?

Per dirlo in maniera prudente, non ne ho molta considerazione. L’iniziativa, la trovo stupida. “Diritto internazionale è superiore al diritto nazionale”, questo è un concetto universale, vale in tutto il modo. Nel documento degli argomenti dell’UDC si fa, da qualche parte, un paragone tra la Svizzera e l’Iran – non ci volevo credere. Ciò è una scemenza. Dimostra che all’UDC mancano degli argomenti validi. Questa visione è impossibile, non può funzionare – non quadra proprio!

Che cosa non quadra?

Che il diritto nazionale sia superiore al diritto internazionale. Il diritto internazionale è il diritto universale in tutto il mondo. Se il diritto nazionale fosse superiore al diritto internazionale, sarebbe come se un grande sasso cadesse sul parabrezza di una macchina. Il vetro si sbriciolerebbe, e così il diritto internazionale si spezzerebbe in piccoli frammenti, ad eccezione di alcuni pezzi più consistenti, il cosiddetto “ius cogens” (ossia quei diritti a cui non si può in nessun modo derogare), che l’iniziativa non tocca.

Vuol dire che il diritto internazionale non avrebbe più ragione di essere, se ogni Stato sostenesse di considerare superiore il diritto nazionale?

Esattamente! Vediamo un po’ nel nostro paese: Abbiamo il diritto federale e il diritto cantonale. Senza battere ciglio, il diritto federale prevale sul diritto cantonale; questo è ovvio. Come si potrebbe capovolgere la situazione, tutt’ad un tratto, resta un mistero per me. Il rapporto con il Consiglio d’Europa è simile, anche se quest’ultimo non è uno Stato federale.

Un rappresentante dell’UDC potrebbe ribattere che il Tribunale federale è una corte svizzera, mentre la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è composta da giudici stranieri – anche questi non avrebbero niente da prescriverci.

La storia dei giudici stranieri è decrepita. Si parlava già di giudici stranieri quando, nel 1974, la Svizzera ha ratificato la CEDU. È sempre presente, però, una o un giudice svizzero; quando il giudice svizzero ordinario sarebbe impedito, si può nominare ad hoc una o un giudice svizzero di modo che la voce svizzera è sempre presente nei casi che concernano il nostro paese. Importante è proprio che esiste una protezione giuridica che trascende il confine svizzero, che va oltre il diritto svizzero: uno sguardo oggettivo da fuori. Di questo abbiamo bisogno, di questo tutti hanno bisogno.

Una manifestazione a Berlino
Perché?

Perché siamo assuefatti alle nostre tradizioni. “Chi vorrebbe insegnarci,  l’abbiamo fatto sempre così, dove ci porterebbe?” – questi sono i tre principi del conservatorismo. Ma con questa ottica, capita che ci sfugge qualche cosa, mentre un organismo con una più grande distanza lo può percepire. Poiché non è così abitudinario e non ha sempre agito in quella maniera. Il diritto è sempre in evoluzione, e partecipare a quel processo è arricchente. La protezione giuridica in Svizzera è enormemente migliorata tramite la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Puoi fare un esempio concreto?

In Svizzera, molte procedure penali di piccola entità sono state portate a termine dall’amministrazione, non sono mai giunte davanti ad un giudice. Inoltre esisteva la detenzione amministrativa, misure coercitive senza controllo di un giudice. La Corte ha emanato anche alcune sentenze poiché la libertà di espressione sembrava applicata in Svizzera troppo restrittivamente. Tuttavia la Corte ha anche capito che la Svizzera pone dei limiti: la Corte a Strasburgo ha sostenuto p.e. l’espulsione dalla Svizzera del guru indiano Swami Omkarananda poiché il suo “Divine Light” Zentrum a Winterthur era una istituzione molto problematica.

Quali sarebbero le conseguenze se l’iniziativa dell’UDC per l’autodeterminazione fosse accettata e che la Svizzera, in seguito, abbandonasse la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo?

Non è praticamente prevedibile, cosa succederebbe. Sicuro è il fatto che il prestigio della Svizzera nel mondo soffrirebbe enormemente. Se la Svizzera lasciasse la CEDU, dovrebbe anche uscire dal Consiglio d’Europa. Ciò indebolirebbe fortemente la posizione della Svizzera rispetto all’Unione Europea; Bruxelles insiste sul rispetto dei Diritti dell’Uomo. Il nostro paese si isolerebbe e sarebbe esposto ad un’aria gelida.

Che cosa significherebbe l’accettazione dell’iniziativa popolare dell’UDC per l’Europa?

Esiste la preoccupazione che un sì all’iniziativa potrebbe scatenare una valanga. Non tutti gli Stati sono felici della CEDU, non solo i paesi che non rispettano le direttive della convenzione. In Gran Bretagna c’erano sempre delle forti voci che chiedevano la denuncia e l’abbandono dell’adesione alla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. In Polonia e in Russia l’uscita della Svizzera porterebbe acqua al mulino dei gruppi critici verso la CEDU. La Turchia resterebbe probabilmente nel Consiglio d’Europa, poiché vorrebbe aderire all’UE. Essa sta giocando dall’una e dall’altra parte. Il Consiglio d’Europa sta già vacillando, poiché alcuni degli importanti contribuenti, non versano il loro dovuto. Specialmente la Russia, ma anche la Gran Bretagna è in ritardo.

Il nostro atteggiamento distante rispetto all’UE ha un sapore snob e ha un tocco nazionalista. La Svizzera, quale piccolo paese multietnico, deve senz’altro proteggere e curare la sua sovranità.

Ma la Svizzera sta troppo bene poiché si riflette seriamente sulla possibilità di indebolire la protezione dei Diritti dell’Uomo?

 Il nostro atteggiamento distante rispetto all’UE ha un sapore snob e ha un tocco nazionalista. La Svizzera, quale piccolo paese multietnico, deve senz’altro proteggere e curare la sua sovranità. C’è pure una mancanza di coraggio e di fiducia nelle proprie forze, se si pensa che l’autonomia si debba spingere a tal punto da rifiutare l’accettazione dei valori internazionali.

Hai 81 anni. Buona parte della tua vita l’hai dedicata ai Diritti dell’Uomo. Sei deluso che ora queste conquiste siano messe in  questione?

Sì, certamente sono deluso. Ma non le prendo personalmente, non mi sento attaccato. La mia persona è di poca importanza.

Mi esprimo diversamente: Sei preoccupato?

 Sì, sono un po’ preoccupato, ma ho fiducia nelle forze sane della popolazione, anche se suona in maniera strana. Ho la forte speranza che questa iniziativa venga respinta, e abbastanza chiaramente.

* * * * *