L’AdS contraria all’iniziativa per l’autodeterminazione

L’AdS contraria all’iniziativa per l’autodeterminazione

Un appello dell’Associazione delle Autrici e degli Autori, delle Traduttrici e dei Traduttori della Svizzera a favore dei diritti umani e la libertà della letteratura

Riportiamo qui sotto l’articolo della presidenza AdS del 19 giugno 2018

Il 25 novembre 2018 l’elettorato svizzero sarà chiamato a decidere con il proprio voto se il Consiglio federale nel prossimo futuro sarà costretto a revocare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali CEDU. Sono in pericolo anche altri accordi e trattati bilaterali, ma i promotori dell’iniziativa popolare «Diritto svizzero anziché giudici stranieri (Iniziativa per l’autodeterminazione)» vogliono innanzitutto colpire i diritti umani. Come risulta chiaramente anche dalla genesi del progetto lanciato dallUdC perché, con l’iniziativa popolare, il partito aveva messo in conflitto la Costituzione federale e la CEDU. Ad esempio esigendo l’espulsione automatica delle straniere e degli stranieri che commettono reati.

In Svizzera la maggioranza dell’elettorato e dei Cantoni ha il potere di modificare la Costituzione. Una democrazia che non garantisce la salvaguardia dei diritti umani si trasforma però in una dittatura della maggioranza. La giustizia deve poter intervenire per correggere quelle decisioni della maggioranza che fanno di singoli individui o di intere minoranze esseri umani di serie b. Per la Svizzera tale funzione è assolta in ultima istanza dalla Corte di Giustizia europea di Strasburgo. Chi vuole sbarazzarsi di questo correttivo, non promuove l’autodeterminazione bensì il privilegio della maggioranza di avere mano libera nel decidere sui diritti dei singoli.

La scrittrice Mariella Mehr ha descritto questa condizione nel suo romanzo «steinzeit. silviosilviasilvano», apparso per la prima volta in tedesco nel 1981: «… là disputa ciò che è nato per giudicare, l’oscuro viene sottaciuto, si redigono atti, accuratamente numerati…». Segue un attacco veemente e poetico a un sistema amministrativo che per decenni ha fatto dei bambini nomadi dei bambini-schiavi. Nello stesso anno 1981 è decaduto uno degli strumenti legali in virtù dei quali gli individui che non si conformavano agli usi e costumi della società potevano essere rinchiusi. L’«internamento amministrativo» fu abolito grazie alla CEDU. Sia «steinzeit» sia il cambiamento di quelle leggi rappresentano per la Svizzera delle pietre miliari.

Non solo le battaglie politiche e il diritto internazionale, ma anche le autrici e gli autori hanno contribuito a migliorare la giustizia nella Confederazione. A questo proposito sono da menzionare altri esempi, come i saggi di Maria Roselli sullo scandalo dell’amianto. Mentre la giornalista documentava le conseguenze mortali dell’Eternit sul lungo termine, la vedova dell’operaio Howald Moor ricorreva in tribunale. La sua azione legale cadde in prescrizione per decorrenza dei termini. Solo nel 2014 una sentenza della Corte di Strasburgo ha costretto la Svizzera a riaprire il caso e permettere che il processo venisse celebrato.

Da non dimenticare poi che la Svizzera, in un primo momento, intendeva ratificare la CEDU solo a patto che si potessero escludere le donne dai diritti politici. La ratifica è avvenuta poi in seguito al referendum del 1971. Poiché nell’Appenzello Interno le donne continuavano a non avere diritto di voto a livello cantonale, nel 1990 intervenne un tribunale, nella fattispecie il Tribunale Federale Svizzero. Non si permise più che una maggioranza dell’elettorato aggirasse il diritto costituzionale delle donne alla parità per referendum popolare. Revocare un’altra volta la CEDU sarebbe penoso quanto negare il diritto di voto alle donne. Questo passo porterebbe la Svizzera ad allearsi con gli autocrati che criticano la giurisdizione europea dei diritti umani, come Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan.

Questo non significa che ogni sentenza della Corte di Giustizia di Strasburgo sia perfetta. L’accertamento del diritto non è una scienza esatta. I tribunali applicano leggi formulate in linea generale, ma devono anche prendere in considerazione la particolarità di ogni singolo caso, le intricate storie del singolo individuo. I giuristi avvertono che con questa iniziativa lUdC sta prendendo di mira anche i tribunali nazionali, chiedendo che si ponga meno attenzione al singolo caso e s’impongano automaticamente norme stabilite politicamente. Il risultato di una giurisprudenza manovrata dall’alto somiglierebbe a un romanzo in cui manca tutto ciò che rende i personaggi inconfondibili.

Una buona letteratura mette spesso in discussione le idee correnti. E se la maggioranza governa senza rispettare il diritto di avere opinioni diverse, un aspetto diverso, una fede diversa, un modo diverso di amare, la letteratura è spacciata. Non solo, ma anche per questo l’AdS, l’associazione delle Autrici e degli Autori, delle Traduttrici e dei Traduttori della Svizzera, invita la popolazione a recarsi alle urne il 25 novembre e votare NO all’iniziativa contro i diritti umani.