Il prossimo novembre, la Svizzera sarà chiamata a esprimersi sull’iniziativa popolare concernente l’iniziativa popolare “Il diritto svizzero anziché giudici stranieri (o Iniziativa per l’autodeterminazione)”. Nella Confederazione del Cantone Ticino l’Udc e la Lega dei ticinesi sostengono fortemente tale iniziativa, ritenendo che quanto permette la costituzione federale così come oggi strutturata, non sia soddisfacente. Vengono evocate le passate iniziative di modifica costituzionali che, secondo gli iniziativisti, sono state frustrate nell’attuazione della volontà popolare, a seguito di disposizioni internazionali pregresse. I fautori dell’iniziativa sostengono che tali vincoli internazionali, rappresentino una forma di “golpe contro il popolo” che, in definitiva, pregiudicherebbe gli interessi del popolo e, dunque, del Sovrano. Quali esempi vengono portati l’iniziativa del 9 febbraio 2014 “Contro l’immigrazione di massa”, con il nuovo art. 121a Cost. e l’iniziativa popolare del 28 novembre 2010 “Contro gli stranieri che commettono reati”, con il nuovo art. 121 cpv. 3 – 6 Cost. In realtà gli iniziativisti, con la modifica costituzionale proposta, manifestano una profonda sfiducia non solo nei con- fronti del diritto internazionale, o meglio delle migliaia di impegni assunti dalla Svizzera con enti giuridici a carattere internazionale, quali Stati, enti regionali, sopra nazionali o altro, ma anche nei confronti del Consiglio federale, dell’Assemblea federale e dei Tribunali elvetici.
Gli iniziativisti non evidenziano pienamente lo stravolgimento istituzionale che l’accoglimento di tale iniziativa causerebbe. Se le modifiche costituzionali proposte in votazione ai quattro articoli costituzionali dovessero essere accettate, si formerebbe un nuovo quadro costituzionale-politico, con una nuova scala di valori, stravolta rispetto a quello attuale ed incompatibile con i principi del diritto internazionale pubblico vigenti. Ciò determinerebbe grave danno alla Confederazione e ai Cantoni, oltre che a tutta la popolazione, non solo in rapporto ai trattati che dovranno essere negoziati in futuro, ma anche di quelli conclusi nel passato. La Costituzione federale, come chiesto dall’iniziativa, dovrebbe divenire la fonte suprema di rango superiore, rispetto al diritto internazionale. La Costituzione, da base operativa dei tre poteri classici, assurgerebbe a nuova funzione quale sorta di «quarto potere» governato dalle iniziative popolari di modifica costituzionale, ciò rappresenterebbe un ostacolo negoziale, talvolta insormontabile, nei rapporti tra la Confederazione e gli enti internazionali.
Non avendo la Svizzera una Corte costituzionale, la volontà espressa dal popolo mediante modifica costituzionale sarebbe ultima e finale. Togliendo libertà di manovra al Consiglio federale, questo, in talune situazioni, potrebbe perdere lo statuto di rappresentante plenipotenziario della Confederazione in sede internazionale, indebolendo così fortemente la sua posizione negoziale nei rapporti con l’estero. Dunque, l’iniziativa mira non tanto a limitare il potere “dall’estero” e ciò che rappresenta, bensì quello delle nostre istituzioni federali. In Svizzera, grazie ad una posizione che ci ha risparmiati dal peggio durante la Seconda guerra mondiale, non abbiamo neppure uno specifico servizio federale di Verfassungsschutz, a difesa della Costituzione, tanto siamo – ancora – liberi di proporre qualsiasi modifica costituzionale. L’attuale rapporto ed equilibrio esistente tra diritto interno e diritto internazionale è sancito dalla Costituzione federale, approvata dai Cantoni e dal popolo, nel 18 aprile 1999 e deriva, prima ancora, dalla Costituzione precedente. L’iniziativa popolare svizzera “Il diritto svizzero anziché giudici stranieri” ha dunque un titolo fuorviante.
Se si può parlare di “golpe”, o di una presa di potere, questa è piuttosto in atto da parte della destra social-popolare che, con i quattro “ritocchi” previsti alla Costituzione, vuole annullare decenni (se non secoli) di attività negoziali diplomatiche, svolte nell’interesse della Confederazione e dei popoli cantonali. È una illusione pensare che si possa ottenere vantaggi a nostro favore in ambito internazionale semplicemente limitando costituzionalmente la capacità operativa del Consiglio federale: nelle trattative sono sempre in giuoco più parti, con interessi, spesso, divergenti o opposti, da risolvere, anche, mediante compromessi basati su un “dare per avere”. In ambito internazionale, i trattati andrebbero applicati come stabilito dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969. Questa all’art. 7 prevede che un individuo viene considerato il rappresentante di uno Stato per l’adozione di un trattato quando presenta i “pieni poteri” per il caso.
Se la proposta di modifica costituzionale dovesse essere adottata, il Consiglio federale, nei casi in cui l’oggetto in negoziazione sia limitato dalla Costituzione federale, non potrebbe più essere considerato rappresentante “plenipotenziario”. Dunque, non potrebbe più negoziare dei trattati o comunque lo potrebbe fare solo in forma limitata. Ciò toglierebbe al Consiglio federale – e al nostro paese – la possibilità di risolvere in tempi ragionevoli problemi internazionali che interessano la nostra popolazione nel contesto di trattati. Sempre la Convenzione di Vienna all’art. 26 prevede che ogni trattato in vigore vincola le parti e che queste lo devono eseguire in buona fede. L’art. 27 prevede inoltre che una parte non può invocare una disposizione della propria legislazione interna per giustificare la mancata esecuzione di un trattato. Come si può capire da quanto precede, le proposte di modifica costituzionali poste in votazione dall’iniziativa, genereranno molti più problemi di quanti se ne vogliono risolvere, siccome inattuabili. Pensare di potersi auto-determinare nel contesto internazionale limitando il potere negoziale del Consiglio federale, e quello decisionale dei tribunali è illusorio.
Credere che il nostro paese possa trarre beneficio da un cambiamento costituzionale che stabilisca per il futuro e per il passato che il diritto costituzionale svizzero sia previgente sul diritto internazionale è vano. Se il cambiamento proposto dovesse essere accolto, purtroppo, per il nostro paese, molto attivo nell’ambito del commercio internazionale e dipendente dalle esportazioni e importazioni estere, la chiusura che ne deriverebbe, contraria allo spirito di apertura liberale che ha fatto grande la Svizzera nei secoli, potrebbe anche rivelarsi fatale. Come il Regno Unito non riesce ad uscire dal “pantano” Brexit, pur essendo la 5a potenza economica quale Pil mondiale, come possono pensare gli iniziativisti che la Svizzera possa poi essere sentita prioritariamente da un’Unione europea – purtroppo – lei stessa in serie difficoltà interne, semplicemente togliendo potere negoziale e potere alle nostre autorità federali? La giocata, questa volta, è di quelle vitali. Il popolo svizzero, fedele alla Costituzione e ai suoi principi liberali, esiste ancora ed è vigile, come lo ha già dimostrato in passato. Costituzione vincente non si cambia!
di Niccolò Salvioni,
opinione pubblicata su La Regione il 26 ottobre 2018