Diciamo NO al nostro isolamento

Diciamo NO al nostro isolamento

L’iniziativa cosiddetta “per l’autodeterminazione”, che vuole sancire in via costituzionale la supremazia della legislazione svizzera anche nei confronti del diritto internazionale, induce ad alcune riflessioni che spiegano le premesse e le motivazioni della stessa, nonché l’atmosfera politica culturale e sociale nella quale la campagna per la votazione si sta svolgendo. Esiste da sempre quello che possiamo definire un ‘razzismo strisciante’, lontano dal razzismo vero e proprio, il quale sancisce l’esistenza di diverse razze umane e la supremazia di una razza (quella bianca) su tutte le altre. Ma il primo è assai pericoloso, per la sua natura subdola e perché può essere facilmente usato a fini strumentali e demagogici. Si tratta di una forma molto diffusa di diffidenza e spesso di intolleranza nei confronti di chi non fa parte di una ben definita cerchia, costruita secondo il concetto equivoco di ‘identità’, che vuole privilegiare i ‘nostri’ a scapito di ogni gruppo o di ogni convinzione politica o ideale ‘diversi’: vuoi cittadini stranieri, vuoi istituzioni come l’Europa che, pur fra molte difficoltà, rappresenta una realtà imprescindibile.

Questo razzismo strisciante si fa maggiormente sentire nei periodi di crisi economica, dove ogni presenza è vista come una concorrenza, e dove le frustrazioni di tipo sociale, ma anche psicologico, si fanno acutamente sentire, alla ricerca del ‘capro espiatorio’. È quanto accade oggi con l’iniziativa Udc che, ancora una volta, esprime e vuol far prevalere quel sentimento di chiusura e di isolamento che esiste in modo massiccio anche in Svizzera. Ciò appare già dal titolo del testo costituzionale proposto, demagogico e ingannevole. Infatti non si vede perché, mantenendo l’attuale assetto, dovrebbero primeggiare giudici stranieri nel nostro paese; inoltre, se l’‘autodeterminazione’ ha un significato (e non quello capzioso voluto dagli iniziativisti) è proprio quello attuale di dare al popolo la possibilità di pronunciarsi, mediante referendum (per alcuni trattati addirittura obbligatorio), sui trattati conclusi dal Consiglio federale e avallati dalle Camere. Per di più l’iniziativa, a causa della sua formulazione ambigua e giuridicamente lacunosa, misconosce un principio fondamentale da tutti riconosciuto, e base della convivenza fra Stati: la gerarchia degli ordinamenti giuridici, con preminenza di quelli concordati fra diversi paesi.

Sancendo, secondo la proposta Udc, la superiorità del diritto svizzero su quello internazionale, si crea un pasticcio giuridico che metterebbe la Svizzera in grave difficoltà nel contesto non solo europeo, ma mondiale. E sarebbe in pericolo pure la sicurezza del diritto, la quale è uno dei fondamenti di uno Stato democratico. Senza tralasciare, ovviamente, l’importanza che i trattati internazionali hanno per l’economia svizzera, che prospera soprattutto per il contesto globale nel quale è inserita, nonché la garanzia dei diritti umani, prevista dalla Cedu. Una scelta quindi si impone, per la salvaguardia del nostro Stato di diritto e della democrazia: respingere una proposta che ci porrebbe in grave difficoltà dinanzi al mondo intero.

di Diego Scacchi

Pubblicata su La Regione, 30 ottobre 2018