La voce contraria: Giovanni Merlini

La voce contraria: Giovanni Merlini

«Per una sentenza indigesta si minano rapporti e diritti»

Una proposta incoerente che destabilizza la nazione

L’UDC con questo testo promette certezza del diritto. Perché non crederle?

«In realtà crea il caos. Leggiamo bene il testo dell’iniziativa. L’articolo 5 capoverso 4 dice alla prima frase che Confederazione e Cantoni rispettano il diritto internazionale. Ma già alla seconda frase dice il contrario: la Costituzione federale ha rango superiore al diritto internazionale e prevale su di esso (fatti salvi i divieti della tortura, della pena di morte, del genocidio e della schiavitù). Poi il testo dice all’articolo 56a che in caso di contraddizione la Confederazione e i Cantoni adeguano gli obblighi internazionali, se necessario anche denunciando i trattati internazionali in questione. Ma ecco che all’articolo 190 si fa parziale marcia indietro, dicendo che il Tribunale federale è comunque tenuto ad applicare (oltre alle leggi federali) i trattati internazionali, ma solo quelli il cui decreto d’approvazione è stato sottoposto a referendum. Insomma, una serie di contraddizioni che si fanno palesi in relazione all’Accordo sulla libera circolazione: se fosse accolta l’iniziativa, il Consiglio federale dovrebbe rinegoziare l’accordo con l’UE. Siccome per poterlo fare occorre il consenso di tutti i 27 Stati, l’impresa richiederebbe tempi lunghi e sarebbe votata al fallimento, ma nel frattempo il Tribunale federale sarebbe tenuto comunque ad applicare l’Accordo sulla libera circolazione in quanto fa parte dei Bilaterali approvati dal popolo: quindi, paradossalmente, in un caso come quello turgoviese criticato dall’UDC (cfr. pezzo principale, n.d.r.), il Tribunale federale sarebbe comunque vincolato all’Accordo sulla libera circolazione e l’esito della sentenza sarebbe identico. Il Governo dovrebbe poi disdire i Bilaterali non essendo possibile rinegoziarli e lo farebbe a dispetto della volontà popolare espressa tre volte. E ci caccerebbe nei guai, mettendoci davanti a un’odiosa alternativa: o l’isolamento o l’adesione all’UE».

Gli iniziativisti parlano della necessità di affermare la democrazia diretta e di eliminare regole dettate dall’esterno che non permettono la concretizzazione di decisioni prese in Svizzera. Cosa non va con questo concetto?

«I trattati internazionali non sono affatto “regole dettate dall’esterno”, ma contratti che la Svizzera ha firmato liberamente con altri Stati, nell’esercizio della sua sovranità e nell’interesse dei suoi cittadini. Sono regole contrattuali che abbiamo voluto noi, ad esempio per evitare la doppia imposizione delle nostre imprese e dei nostri cittadini, per proteggere i nostri investimenti all’estero, per agevolare il libero scambio di merci e servizi, per la lotta al terrorismo, ecc. Per un piccolo Paese fortemente integrato sul piano internazionale e votato alle esportazioni è essenziale poter contare su regole del gioco chiare».

I contrari parlano di centinaia di accordi che andrebbero all’aria. I favorevoli ribattono: i trattati «in pericolo» si contano sulle dita di una mano. Lei come la vede?

«Di sicuro almeno due trattati di importanza capitale sarebbero in pericolo: la CEDU e i Bilaterali a causa della libera circolazione. Entrambi sono infatti in conflitto con alcune disposizioni della nostra Costituzione. Addirittura da subito la CEDU non sarebbe più vincolante per il Tribunale federale poiché nel 1974 le Camere non sottoposero il decreto di approvazione della CEDU al referendum facoltativo (le regole di allora non lo prevedevano), il che indebolirebbe la portata delle garanzie individuali tipiche dello Stato di diritto. La tutela della nostra Costituzione, anche se fosse dichiarata “fonte suprema del diritto della Confederazione” (cfr. testo nella scheda, n.d.r.), non è infatti sufficiente, dal momento che il Tribunale federale è tenuto ad applicare una legge federale anche se disattende la Costituzione. Sugli altri 5.000 trattati in vigore verrebbe posta una riserva a firma già avvenuta, inammissibile secondo la Convenzione di Vienna. Ci riterremmo cioè liberi dai nostri impegni se in conflitto con una nostra norma costituzionale. Ciò creerebbe insicurezza per le nostre 190.000 piccole e medie imprese che esportano beni e servizi per circa 300 miliardi all’anno e che investono all’estero. E per tutti coloro che fanno affari con noi».

Per l’UDC non è vero che si dovrebbe abbandonare la Convenzione dei diritti dell’uomo. Eventualmente alcune sentenze della Corte di Strasburgo non avrebbero effetto. Questi diritti sono comunque già ancorati nella nostra Costituzione…

«Se non voleva abbandonare la CEDU, l’UDC doveva formulare diversamente la sua iniziativa, senza obbligare la Confederazione a rinegoziare i trattati in conflitto con la Costituzione e senza dichiarare che il Tribunale federale non è tenuto ad applicare i trattati che non sono stati sottoposti a referendum. La CEDU è un trattato multilaterale in conflitto con alcune nostre recenti norme costituzionali, come l’automatismo dell’espulsione degli stranieri condannati per certi reati e il divieto dei minareti, e non è sottoposta al referendum. È incontestabile che sarebbe da subito a rischio nel nostro Paese, e con essa i diritti fondamentali di ogni individuo. Perché non basta la Costituzione a tutelarli? Per la semplice ragione che l’UDC si è guardata bene dall’introdurre con la sua iniziativa il controllo costituzionale delle leggi federali da parte del Tribunale federale. Quindi paradossalmente la Costituzione diventerebbe la fonte suprema del diritto della Confederazione, ma se fosse violata da una disposizione di una legge federale il Tribunale federale continuerebbe ad avere le mani legate, tenuto ad applicare la legge anticostituzionale. L’unica possibilità per impugnare una decisione fondata su una legge federale anticostituzionale è il ricorso a Strasburgo, senza la cui Corte le famiglie delle vittime dell’amianto in Svizzera non avrebbero ottenuto il riconoscimento delle loro pretese risarcitorie».

L’UDC fa confronti con la Germania, che metterebbe la precedenza sulla propria Costituzione rispetto al diritto internazionale. Un modello sbagliato?

«Se fossi un fautore dell’iniziativa eviterei il confronto con la Germania, che ha un sistema di attuazione del diritto internazionale difficilmente paragonabile al nostro. Per essere attuato, in Germania ogni trattato internazionale deve prima essere trasposto in una legge federale. Da noi in generale è direttamente applicabile una volta approvato. In Germania il diritto internazionale trasformato in legge ha rango solo formalmente inferiore alla Costituzione. Oltretutto il diritto europeo prevale sistematicamente su quello interno e la giurisprudenza della Corte di Strasburgo è considerata dalla Corte di Karlsruhe come diritto vincolante».

C’è chi pensa che i contrari stiano promuovendo una campagna della paura. Un rimprovero di solito fatto proprio all’UDC.

«Quando un partito, per una sentenza del Tribunale federale indigesta, lancia un’iniziativa che destabilizza le relazioni internazionali della Svizzera, danneggiandone la reputazione di Stato affidabile, e mette a rischio i diritti civili e le garanzie individuali, non deve sorprendersi che si crei forte allarme negli ambienti economici come tra i cittadini, soprattutto tra le minoranze, che un giorno potrebbero essere vittime di una decisione che lede i loro diritti fondamentali».

Giovanni Merlini, consigliere nazionale PLR

Articolo apparso sul Corriere del Ticino, 9 novembre 2018