Una Svizzera arrogante diventa subito perdente

Una Svizzera arrogante diventa subito perdente

La Svizzera è un piccolo Paese. Come può rimanere competitiva sui mercati internazionali? Semplice, la Svizzera è priva di materie prime, allora la sua forza si è sempre basata sulla sua capacità di negoziare con gli altri Paesi e con le grandi organizzazioni internazionali. Rispetto all’iniziativa sull’autodeterminazione promossa dall’ UDC sentiamo spesso evocare lo slogan «padroni a casa nostra», l’ultima decisione spetta al popolo svizzero. Ma si tratta di un atto di presunzione gravissimo. Infatti, la forza del sistema democratico svizzero consiste nella capacità del Parlamento di mediare tra gli interessi legittimi del popolo sovrano svizzero e le richieste degli altri Paesi. È a questo che serve la politica ed è questo a cui lavorano i nostri politici e la nostra Amministrazione. L’iniziativa lanciata dall’UDC cosiddetta sull’autodeterminazione è una manifestazione di arroganza che rompe gli schemi della tradizione svizzera. La capacità della Svizzera è sempre stata quella di pensare con la propria testa e di non lasciarsi influenzare dalle tendenze presenti in altri Paesi. Emulare in questo momento i Paesi che stanno optando per l’autodeterminazione è un errore grave, in quanto ci riporta indietro di 70 anni. Il rispetto che la Svizzera ha sempre rivolto alle istituzioni internazionali ha permesso ad un piccolo Paese di nove milioni di abitanti di essere attivo nei gruppi di lavoro che stanno proprio alla base della stesura degli accordi internazionali. L’iniziativa dell’UDC mette in pericolo questa possibilità. Sabota la nostra diplomazia. Ma attenzione: in un mondo globalizzato l’arroganza del piccolo Paese può essere un atto controproducente. La precarizzazione del mercato del lavoro e il fenomeno delle migrazioni sono problematiche che devono essere affrontate a livello internazionale. Proprio su questi temi l’autodeterminazione è uno specchietto per allodole. Considerato del tutto sacrosanto proteggere il benessere dei cittadini svizzeri è altrettanto opportuno chiedersi se a fare della Svizzera il grande Paese che è sia stata la cultura del rispetto delle istituzioni nazionali e internazionali o l’arroganza di chi pensa che le soluzioni per la stabilità economica e sociale si possano ricercare in proposte sempliciste fatte in casa. Il mondo è molto più complesso di quello che gli slogan ci portano a pensare. Le iniziative di UDC e Lega degli ultimi anni non hanno fatto altro che concentrare il dibattito politico sullo smantellamento degli accordi internazionali. Ancora peggio, hanno continuato a proporre iniziative in contraddizione con il diritto internazionale (superiore), utilizzando le legittime frustrazioni del popolo svizzero come esca, per obbligare le forze politiche e le risorse finanziarie del Paese a trovare soluzioni inapplicabili. Il popolo svizzero ha sempre avuto la capacità di dialogare e lavorare con gli altri e di essere innovativo nella ricerca di soluzioni. È sull’innovazione, anche del sistema di welfare, che spesso la Svizzera si è contraddistinta dagli altri Paesi. Abbiamo l’urgenza di trovare soluzioni intelligenti alle problematiche gravissime che colpiscono il nostro mercato del lavoro. La povertà e i problemi delle nostre famiglie non si combattono con l’arroganza verso gli altri, ma con la capacità di trovare soluzioni in un contesto sempre più complicato. Le disuguaglianze sociali sono aumentate ovunque e in alcuni Paesi ancor di più che in Svizzera, è per questo che a livello internazionale in questo momento si stanno rivedendo le regole che hanno caratterizzato la globalizzazione, e ciò a favore di una maggiore tutela dei lavoratori e dell’ambiente. È proprio votando no che mettiamo i nostri politici nella condizione di poter lavorare seriamente per la ricerca di soluzioni funzionali e applicabili nel nostro Paese così come a livello internazionale e non il contrario. Sfiduciando il diritto internazionale perdiamo l’occasione di scrivere nuove regole che permettano alla globalizzazione di guadagnarsi un volto più umano invece che a favore di una guerra e di ricatti commerciali tra il nostro Paese e i Paesi partner.

Maristella Polli, deputata del PLR in Gran Consiglio

Opinione apparsa sul Corriere del Ticino, 22 novembre 2018