Imprese, diritti umani e ambiente

Imprese, diritti umani e ambiente

Diritti umani, dove se ne parla nel diritto svizzero? Ovviamente nelle convenzioni internazionali ratificate dal Parlamento svizzero. La menzione del “rispetto dei Diritti umani” non si trova nella Costituzione federale, ma la si trova però, dall’inizio di quest’anno, nascosta in un angolino del Codice delle Obbligazioni: è l’art. 964b CO.

Legge sulla polizia: ora serve un maggior controllo parlamentare

Legge sulla polizia: ora serve un maggior controllo parlamentare

Dopo l’accettazione della Legge sulle misure di polizia occorre adesso rafforzare la sorveglianza parlamentare sull’attuazione della legge in modo da evitare abusi.

La nuova Legge di polizia concede ampi poteri ai servizi segreti svizzeri e alla polizia federale che potranno applicare misure coercitive contro cittadine e cittadini svizzeri sulla base unicamente di sospetti e senza controllo da parte delle autorità giudiziarie. L’Associazione Uniti dal diritto auspica ora che il Parlamento rafforzi la sorveglianza sulle attività della polizia politica. In particolare occorrerà monitorare l’attuazione della Legge per evitare abusi di potere. Sarà importante mantenere un controllo sul numero di cittadini che verranno schedati e sorvegliati. Il Parlamento e la politica hanno il dovere di evitare che si ripeta una nuova schedatura di massa della popolazione come avvenuto negli anni ’80, quando un cittadino su 7 fu schedato dai servizi di spionaggio elvetici.

Legge MPT: la sospensione del voto è ancora pendente

Legge MPT: la sospensione del voto è ancora pendente

Si conferma che il Tribunale federale dovrà decidere prossimamente sulla domanda di sospendere la procedura di voto riguardante la legge sui nuovi poteri a favore della polizia. Infatti i nove ex procuratori pubblici ticinesi, per prudenza, avevano inoltrato sia un ricorso diretto al tribunale federale sia un ricorso contro la decisione di incompetenza del Consiglio di Stato. Il Tribunale federale ha dichiarato oggi non ricevibile il ricorso del 26 maggio ricevuto direttamente.

Esso dovrà quindi pronunciarsi sul secondo ricorso del 31 maggio, ossia sulla domanda di sospendere la procedura di votazione per le irregolarità nella procedura di votazione. Se la votazione avesse luogo, il Tribunale federale dovrà pronunciarsi anche sulla domanda di annullare il risultato della stessa siccome viziato dalle informazioni fuorvianti diffuse da parte del consiglio federale e dalla polizia federale. Si sostiene infatti che una indagine possa essere avviata soltanto dopo che una persona ha commesso un atto terroristico. Si tratta di un’affermazione smentita dal fatto che lo stesso Tribunale penale federale ha già condannato dal 2004 una trentina di persone per atti di generico fiancheggiamento a favore di attività dichiarazioni fondamentaliste.

Preoccupa molto la perquisizione a domicilio e la confisca di due computer e un telefono a due giovani attivisti vodesi da parte della polizia federale a causa di una lettera aperta inviata alle autorità. Il rischio molto concreto è che con ulteriori e aumentati poteri, la polizia e i servizi segreti facciano uso di un’interpretazione eccessiva del principio di proporzionalità per investigare e sorvegliare attivisti politici e giovani, come dimostrato dal recente episodio in Romandia.

 

Chiedono al TF di disinnescare la Legge anti-terrorismo

Chiedono al TF di disinnescare la Legge anti-terrorismo

L’opuscolo della votazione del 13 giugno finirà sotto la lente del Tribunale federale. È la strada che ha deciso di imboccare l’avvocato Paolo Bernasconi, capofila della cordata di 9 ex magistrati che, negli scorsi giorni, avevano già presentato ricorso sul tema al Consiglio di Stato. Ora la scelta di una via più diretta per arrivare a una decisione in tempo utile.

Evitare una decisione tardiva – Il tema sub judice è uno degli oggetti in votazione popolare federale il prossimo 13 giugno. I nove giuristi sostengono che nell’opuscolo informativo siano contenute «informazioni false e fuorvianti» a sostegno della nuova Legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo (MPT).  Il ricorso al Tribunale federale, inoltrato ieri, nasce dal fatto che la stessa massima istanza elvetica avrebbe pochissimi giorni per pronunciarsi nel caso in cui il Governo ticinese non riconoscesse le presunte irregolarità contenute nell’opuscolo informativo. I ricorrenti prevedono già, peraltro, una risposta di «non entrata in materia» da parte di Bellinzona.

La frase menzognera – Da qui, facendo valere il diritto della «garanzia della via giudiziaria» previsto dall’articolo 29 della Costituzione federale, i nove ex magistrati sottopongono ai giudici di Losanna in pratica le stesse argomentazioni del ricorso iniziale. La contestazione, ricordiamo, verte su una frase contenuta nelle spiegazioni del Consiglio federale, secondo cui: “Oggi la polizia può intervenire solo quando una persona ha già commesso un reato”. Una frase, che l’avvocato Bernasconi, su Tio.ch, aveva definito «menzognera: un ragazzo al primo semestre di diritto penale viene bocciato se dice una cosa del genere. Non serve essere giurista per capire che anche il tentativo di commettere qualsiasi reato è punibile».

Sospendere o annullare il voto – Con il ricorso inoltrato ieri a Losanna, l’avvocato Bernasconi e gli altri ricorrenti chiedono al TF in via provvisionale la sospensione e il rinvio ad altra data dell’oggetto, la nuova Legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo, in votazione il 13 giugno. Al giudice, in via principale viene inoltre chiesto l’accertamento che le informazioni diffuse dalle autorità federali sono avvenute «in violazione dei diritti politici dell’elettorato svizzero» e, di conseguenza, l’annullamento del risultato del voto nel caso in cui avesse luogo.

La duplice via ricorsuale – La nuova strada imboccata non annulla quella vecchia. Per cui viene mantenuto il ricorso al Consiglio di Stato, così come faranno anche coloro che hanno presentato ricorsi negli altri cantoni, tra cui Zurigo, Lucerna, Obwalden che si sono ora aggiunti  i cantoni di Berna, Ginevra e Turgovia.

 


Articolo apparso su ticinonline

Opuscolo fuorviante, annullate il voto

Opuscolo fuorviante, annullate il voto

L’opuscolo informativo distribuito alla popolazione sulla legge sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo (MPT) è fuorviante. Per questo motivo, la votazione del 13 giugno deve essere annullata. Questa la richiesta avanzata in un ricorso presentato al Consiglio di Stato ticinese da parte di un gruppo di ex magistrati, capitanati dall’avvocato Paolo Bernasconi. A essere sotto accusa è in particolare il messaggio contenuto negli opuscoli ufficiali e ripreso da numerose testate giornalistiche, secondo il quale le polizie, in ambito terroristico, possono intervenire unicamente in caso di effettivo compimento di un atto criminoso.

“È un’eresia finalizzata a ingannare l’elettorato”, esordisce Paolo Bernasconi, contattato da Ticinonews. “Questo è gravissimo: quando Gobbi e Keller Sutter affermano che la Polizia federale e la Polizia cantonale non possono agire se un atto terroristico non è effettivamente avvenuto, o non sanno cosa fanno le polizie di cui sono responsabili, oppure mentono”. Già oggi infatti, secondo Bernasconi, polizie e magistrati possono intervenire laddove qualcuno abbia anche soltanto tentato di compiere un reato: “è il principio dell’obbligo dell’azione penale, presente in tutte le leggi cantonali di polizia”. Di fronte alla diffusione di informazioni fuorvianti, per i ricorrenti è la fiducia nelle autorità che va a cadere: “quando i sostenitori della legge MPT affermano che faranno un uso proporzionale e rispettoso dei diritti individuali con le nuove misure di polizia – commenta Bernasconi – chiedono alla popolazione fiducia, basando tuttavia la loro strategia su un argomento falso”.

E in effetti per l’avvocato luganese sono i servizi segreti, fra i maggiori beneficiari delle nuove misure previste dalla legge MPT, a non essere particolarmente degni di fiducia: “con questa legge, dopo legislativo, esecutivo e giudiziario, si andrebbe a creare in Svizzera un quarto potere: i servizi segreti. Questi potrebbero agire senza nemmeno un sospetto valido. Ad oggi, sono già numerosi i quadri dei servizi di informazione svizzeri che sono stati licenziati o perseguiti per avere messo in piedi delle organizzazioni di controllo parallele. Con la revisione al voto il 13 giugno, rischiamo di andare a consolidare questa pericolosa tendenza, mandando all’aria tutto il nostro sistema costituzionale”.

A comporre il pool di ex procuratori pubblici rappresentati da Paolo Bernasconi ci sono Bruno Balestra, Mario Branda, Luca Maghetti, Luigi Mattei, Marco Mona, John Noseda, Pietro Simona ed Emanuele Stauffer. Ricorsi analoghi sono però stati presentati anche nei cantoni di Zurigo, Lucerna e Obvaldo. “Siamo pronti ad arrivare al Tribunale federale per ottenere l’annullamento di questa votazione”, dichiara Bernasconi. A suo dire, le possibilità di successo del ricorso sono importanti: “Ben sessanta professori di diritto di tutta la Svizzera si sono pronunciati contro questa legge. Ha mai sentito un’opposizione giuridica così importante nei confronti di una legge posta all’esame del popolo?”


Articolo pubblicato su ticinonews.ch

Un ricorso benvenuto contro la propaganda fuorviante delle autorità federali sulla Legge MPT

Un ricorso benvenuto contro la propaganda fuorviante delle autorità federali sulla Legge MPT

Nove ex-magistrati, tra cui numerosi sostenitori dell’Associazioni Uniti dal Diritto, hanno presentato un ricorso al Consiglio di Stato ticinese contro la votazione federale del 13 giugno sulla nuova Legge federale sulle misure di polizia per la lotta contro il terrorismo (MPT) per chiare e manifeste irregolarità riguardanti la procedura di votazione e l’informazione alla popolazione. Assieme ad altri giuristi confederati, ricorsi simili sono stati inoltrati anche a Zurigo, Lucerna e Obvaldo. 

Le autorità federali e cantonali, mediante l’opuscolo informativo hanno veicolato delle false informazioni in merito all’oggetto in votazione in maniera lesiva del diritto costituzionale a tutela della libera formazione dell’opinione (art. 34 della Costituzione federale). La pubblicità fuorviante è stata diffusa e ripetuta in molteplici occasioni da diverse fonti. Questa pubblicità verteva sempre su un tema: le autorità di polizia potrebbero intervenire per comportamenti legati al terrorismo soltanto dopo la consumazione di un atto terroristico. Questa informazione fuorviante ha già ricevuto un eco politico e mediatico estremamente importante ed è stata propagata dalle autorità federali (es.: messaggio 19.032 del Consiglio federale, libretto informativo distribuito all’elettorato, documentazione pubblicata sul sito web della Confederazione, conferenza stampa della Consigliera federale Keller-Sutter del 13.04) oltre che in una serie di interviste e prese di posizione pubbliche da parte di personalità autorevoli e personalità politiche. 

Informazioni al pubblico palesemente fuorvianti 

Il Codice Penale svizzero punisce non solo coloro che hanno commesso un reato, ma anche coloro che hanno già soltanto tentato di commettere un reato (art. 22 CP). Sono quindi punibili anche tutti i reati tipici del terrorismo, come per esempio gli atti preparatori, i reati contro la vita e l’integrità della persona, i reati contro la libertà personale, i reati di comune pericolo (es.: occultamento e trasporto e uso di materie esplosive o di gas velenosi), i reati contro le pubbliche comunicazioni, i reati di falsità, i reati contro la tranquillità pubblica, i reati contro lo Stato e la Difesa nazionale, i reati contro la pubblica autorità, rappresentazione di cruda violenza. Dal 2004 il Tribunale penale federale (anno della sua entrata in funzione) ha pronunciato circa una trentina di condanne per partecipazione, sostegno o simpatia nei confronti di gruppi terroristici in applicazione della Legge federale riguardante il divieto di appartenenza al gruppo Al Qaida e ad altre organizzazioni. Quest’ultime rappresentano esattamente il genere di condanne che secondo il Governo federale non potrebbero attualmente essere inflitte! Una falsità! 

Mancata trasparenza sulla violazione dei diritti individuali fondamentali 

Le spiegazioni del Consiglio federale ribadiscono che le nuove norme sono conformi alla protezione e salvaguardia dei diritti fondamentali come previsto dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo, dalla Convenzione dei diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite nonché dalle norme della Costituzione federale. Eppure viene sottaciuto che che proprie queste affermazioni sulla salvaguardia dei diritti sono state smentite dal Dipartimento federale degli Affari Esteri, da oltre 60 professori di diritto di atenei svizzeri, da parte di agenzie internazionali delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa, da parte di numerose 

organizzazioni internazionali per la protezione dei diritti fondamentali, in particolare Amnesty International, e dal Prof. Nils Melzer, referente speciale per la Svizzera presso le Nazioni Unite sul tema della tortura. Questa legge rappresenta una violazione massiccia dei diritti individuali delle cittadine e dei cittadini svizzeri! 

L’associazione Uniti dal Diritto accoglie con favore questo ricorso contro una legge pericolosa per lo Stato di diritto svizzero. La Legge non solo è inutile, ma è anche stata propagandata in maniera fuorviante e scorretta da parte della autorità federali, le quali dovrebbero invece essere imparziali e informare in maniera trasparente la popolazione. 

Liberi e svizzeri, spiati e sospettati

Liberi e svizzeri, spiati e sospettati

La legge per i nuovi poteri della polizia federale in votazione il 13 giugno sarebbe necessaria perché, scrive il Consiglio federale, “oggi la polizia può di regola intervenire soltanto quando una persona ha commesso un reato”. Questa affermazione è falsa: viene smentita dalle 29 condanne pronunciate dal Tribunale penale federale, dal 2004 ad oggi per forme di partecipazione esterna a favore di terroristi attivi fuori dalla Svizzera. Di queste condanne, nove sono state inflitte a persone che hanno espresso la loro opinione mediante i social. Per anni, le moschee a Ginevra e Winterthur sono state spiate dalla polizia con droni, cimici, spiando i cellulari, internet, mail, whatsapp ecc.. Tutto nell’ambito di procedimenti penali avviati applicando le numerose norme di carattere preventivo previste dal Codice penale (già il tentativo, gli atti preparatori, la partecipazione ad un’organizzazione criminale, l’incitazione al crimine, il finanziamento del terrorismo, la legge che vieta i gruppi Al Qaida e simili).

È una legge di contrabbando: sotto la veste dell’antiterrorismo, si contrabbandano nuovi poteri per i servizi segreti. Sulla base delle schedature (60’000 ?) effettuate dai servizi segreti della Confederazione e dei Cantoni (ma chi li controlla ?), la legge in votazione attribuisce alla polizia: il divieto di contatti con altre persone, il divieto di abbandonare, oppure di accedere, ad una certa area, p.es. un quartiere, gli arresti domiciliari, già a partire dai 15 anni di età e il divieto di lasciare la Svizzera.

L’ordinamento statale svizzero conosce solo tre poteri: Legislativo, Esecutivo e Giudiziario. Ora compare il quarto potere: i servizi segreti. Infatti, sulla definizione di “potenziale terrorista”, sulle intercettazioni di cellulari e via internet, sulle schedature e sulle misure suddette, i tribunali ben poco avranno da dire. Se invece i servizi segreti sospettano che una persona abbia soltanto l’intenzione di comportamenti “radicalizzati o fondamentalisti”, (il Ministro Gobbi cita l’esempio degli “animalisti”, e allora anche gli ambientalisti e gli attivisti per i Diritti Umani?) il Procuratore Pubblico non avrà più nulla da dire. Viene in mente la rana di Chomsky: nell’acqua tiepida sta bene, se la temperatura aumenta, sta ancora meglio, e così la rana sarà poi bell’e cotta. Si chiama erosione dei diritti di libertà. Già ne abbiamo fatto l’esperienza durante il confinamento. Comandava la polizia: tutti “infetti sospetti”. Ma ci vorranno anche “indizi concreti e attuali”.

E qui mi spavento. Scrive il Consiglio federale: “ulteriori esempi sono costituiti dalla creazione di profili sui media sociali, dalla diffusione, per esempio condividendo un link, o dall’approvazione, cliccando il cosiddetto pulsante ‘mi piace’, di contenuti terroristici” (Messaggio, pag. 3967). Per “contenuti terroristici” vale una definizione “à la carte”. Attenzione: mentre i cellulari dei vostri adolescenti sono bombardati dalla (impunita) pedo-pornografia, attenzione anche alle vignette estremiste: “basta un like”, scrive il Consiglio federale. Decidono i servizi segreti. In Svizzera abbiamo un’ottima polizia, salvo qualche sbavatura. Riguardo agli agenti dei servizi segreti svizzeri, invece, basterebbe cliccare sui nomi seguenti: Dino B., Albert B., Kurt S., Claude C., Daniel M., arrestati o dimissionati. E chi ha costruito l’organizzazione paramilitare illegale P-26 (quella onorata da Norman Gobbi alla commemorazione del maggio 2018)? E chi ha svergognato la neutralità svizzera intrallazzando con l’apartheid in Sud Africa e vendendo sistemi anti-spionaggio con il baco della Cia, mediante la Crypto Ag di Zugo, ciò che i media mettono in relazione con le recenti dimissioni del capo dei servizi segreti svizzeri ?

Ancora, dal 2015, l’accordo con i servizi segreti cinesi, per rispedire dissidenti politici nelle mani della dittatura genocida cinese. Ora la nuova legge prevede che questi accordi non passeranno più dalle Camere federali. Via libera, in casa nostra, anche ai servizi segreti stranieri, autorizzati a spiare tutti noi. Qualcosa potei occhieggiare anche durante la mia carriera come Procuratore Pubblico, come i maneggiamenti di sacchi sportivi pieni di esplosivi reperiti addosso a militanti palestinesi… Negli Anni di Piombo, con la polizia, quella mai deviata, avevamo arrestato e interrogato, perquisito e rispedito nelle rispettive galere, in Italia e in Germania, terroristi rossi e neri. Senza bisogno delle misure che la legge in votazione il 13 giugno affida ai servizi segreti federali e cantonali. Con il regime della paura si può ottenere tutto. Un solo esempio: la mobilitazione del 22 febbraio 2017 di 100 agenti di polizia attorno alla società Argo, finita con un pugno di mosche. Partita da una segnalazione saudita per scambio di favori: già, i servizi segreti.

Il 13 giugno voteremo No contro la Legge di contrabbando.

 


Articolo apparso online su La Regione il 19.05.2021

No a una legge che spia gli Svizzeri

No a una legge che spia gli Svizzeri

NO alla nuova Legge federale sulle misure di polizia per la lotta contro il terrorismo (MPT). 

La legge, in votazione il 13 giugno, è una macchia indelebile sulla Svizzera in materia di protezione dei diritti fondamentali e un pericoloso precedente a livello internazionale. 

Secondo il Comitato referendario il testo di legge, adottato il 25.09.2020 dalle Camere federali, non rafforza la sicurezza né aiuta a prevenire eventuali attacchi terroristici, bensì apre la porta all’arbitrio e agli abusi. 

Questa legge dà poteri quasi illimitati alla polizia federale, che potrà stabilire misure coercitive di diritto amministrativo contro tutti e tutte, senza avere prove concrete di un reato e in assenza di un controllo giudiziario. 

Misure come il divieto di incontrare altre persone, la sorveglianza elettronica, il monitoraggio e localizzazione tramite le nuove tecnologie, la residenza coatta, 

potranno esser prese già sulla base di sospetti e interpretazioni personali, addirittura contro bambini a partire dai 12 anni di età; la misura degli arresti domiciliari è la sola sottoposta a controllo giudiziario e può essere applicata a partire dai 15 anni di età. 

La definizione di “terrore”, inserita nella legge, è vaga e generica e quindi porta a decisioni arbitrarie e a limitazioni sproporzionate dei diritti fondamentali, ignorando le Convenzioni internazionali ratificate dalla Svizzera, come la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia (CDI), contraddicendo anche il Codice penale svizzero. 

Tutto questo minaccia la corretta separazione dei poteri, il sistema di giustizia penale e indebolisce il nostro Stato di diritto, fondamentale per il buon funzionamento della democrazia svizzera. 

 

Primi firmatari 
John Noseda, già Procuratore generale 
Bruno Balestra, già Procuratore generale 
Paolo Bernasconi, Prof. Dr.h.c. già Procuratore pubblico 
Morena Ferrari Gamba, Imprenditrice ed esperta HR 
Guido Tognola, Imprenditore già Presidente PLR sezione Lugano 
Tiziana Mona, Giornalista 
Marco Mona, Avvocato già Procuratore pubblico 
Dick Marti, già Procuratore pubblico 
Valerie Debernardi, Giurista, Membra del Comitato di Berna 
Costantino Castelli, Avvocato 
Martino Colombo, Giurista, Membro del Comitato di Berna 
Luca Maghetti, Avvocato, già Procuratore pubblico 
Francesca Tognina, Docente 
Marco Cameroni, già Console generale 
Filippo Contarini, Dr Iur, Membro del Comitato di Berna 
Gabriela Giuria Tasville, Attivista per i Diritti Umani 
Aldo Sofia, Giornalista 
Gianluca Padlina, Avvocato 
Lotta al terrorismo e quella frase che potrebbe annullare il voto

Lotta al terrorismo e quella frase che potrebbe annullare il voto

Per l’ex procuratore pubblico Paolo Bernasconi già oggi il tentativo di commettere un reato è punibile dalla legge.

A causa dell’opuscolo «manifestamente fuorviante» minaccia di ricorrere al Tribunale federale. Ma punta il dito anche contro Norman Gobbi.

LUGANO – “Oggi la polizia può intervenire solo quando una persona ha già commesso un reato”. Una frase contenuta nelle spiegazioni del Consiglio federale del quinto oggetto in votazione il prossimo 13 giugno – la Legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo (MPT) – che non va assolutamente giù all’avvocato ed ex procuratore pubblico Paolo Bernasconi. Il quale minaccia addirittura di «far saltare la votazione» con un ricorso al Tribunale federale a causa di questa «bugia destabilizzante per il cittadino, su un tema invece decisivo».

Opuscolo fuorviante – «È una cretinata menzognera: un ragazzo al primo semestre di diritto penale viene bocciato se dice una cosa del genere. Non serve essere giurista per capire che anche il tentativo di commettere qualsiasi reato è punibile», esordisce Bernasconi. Il Codice penale prevede infatti già che il Pubblico ministero, su segnalazione della polizia, debba intervenire anche soltanto per il sospetto di atti preparatori di reati gravi come assassinio, rapina, incendio, lesioni, sequestro di persona, e altro ancora. Proprio per questo, secondo l’avvocato, non è possibile escludere che si possa arrivare a un epilogo simile a quello della votazione cantonale sulla legittima difesa.

Colpi… Gobbi – La frase non solo è contenuta nel cosiddetto “libretto rosso”, ma è stata ripresa e ribadita negli ultimi giorni anche da diversi sostenitori della nuova Legge. Come il consigliere nazionale Marco Romano, ma anche il capo del Dipartimento delle Istituzioni Norman Gobbi. «Io lo chiamo ministro della polizia, non della giustizia, perché da quando è in carica fa di tutto per trasferire poteri dalla magistratura alla polizia», mette in guardia l’avvocato. Ma al di là di questo – aggiunge – nel suo ruolo non può permettersi di raccontare bugie. Questi sono colpi… Gobbi».

«Basta un like per essere schedato» – Verrebbe quindi da pensare che con la nuova legge non cambi assolutamente nulla. E invece no, perché viene cambiata la schedatura, spiega Bernasconi: «I servizi segreti, federali e cantonali, verrebbero autorizzati a fare un enorme schedatura, con conseguenti controlli, sulla base di un semplice like su una dichiarazione considerata estremista. È una legge completamente liberticida». Anche definire come potenziale terrorista colui che si limita semplicemente a “propagare paura e timore” viene giudicato dall’avvocato contrario alla libertà di espressione dei cittadini e dei giornalisti.

Essere animalista è estremismo? – Ulteriore punto contestato è quello dell’età, con misure restrittive che possono essere imposte anche a bambini a partire dai 12 anni (15 anni per gli arresti domiciliari). Un’età in cui, per curiosità o ingenuità, si può incappare in qualche “peccato di gioventù”, ma che non può essere definito estremismo nel vero senso della parola: «Gobbi stesso ha citato l’ideologia animalista come esempio di estremismo. Siccome nel suo messaggio il Consiglio federale scrive che “basta un like“, allora per spiare i cellulari degli svizzeri basterà un like a favore di un manifesto animalista?», si chiede in conclusione Bernasconi.

 

Riproponiamo l’articolo originale pubblicato su Tio.ch

Una coalizione di ONG dice NO alla legge sulle misure di polizia (comunicato Amnesty International)

Una coalizione di ONG dice NO alla legge sulle misure di polizia (comunicato Amnesty International)

Berna, 25 marzo 2021 – Un’ampia coalizione di organizzazione non governative svizzere lancia oggi la propria campagna contro la legge sulle misure di polizia (MPT), al centro di un referendum in votazione il 13 giugno prossimo. Le organizzazioni mettono in guardia contro il potere arbitrario che questa legge accorda alla polizia e la minaccia che la stessa fa pesare sullo Stato di diritto.

«Questa legge accorderà alla polizia federale il potere di applicare misure coercitive contro delle persone innocenti e perfino contro bambini che ritiene potenzialmente pericolosi. Anche una protesta legittima potrebbe essere perseguita quale «atto terroristico»», ha dichiarato Patrick Walder, direttore del settore campagne di Amnesty International Svizzera. «La legge non favorisce la sicurezza, ma apre la porta all’arbitrio e all’esclusione. Questa legge mette in pericolo i diritti fondamentali, stigmatizza gruppi interi della popolazione e ricorda i metodi dei regimi autoritari. Per questo invitiamo a votare “no” alla legge sulle misure di polizia.»

Oltre ad Amnesty International e alla piattaforma delle ONG svizzere per i diritti umani, la coalizione contro la legge sulle misure di polizia include organizzazioni quali Giuriste e giuristi democratici svizzeri, Nostro diritto, dirittifondamentali.ch, humanrights.ch, Digitale Gesellschaft, Rete svizzera diritti del bambino, Federazione Svizzera delle Associazioni Giovanili, Donne per la pace Svizzera e, in Ticino, Associazione Uniti dal Diritto.

Le organizzazioni mettono in guardia contro le conseguenze sui diritti umani della legge federale sulle “misure di polizia” (MPT). La legge autorizza la polizia federale (fedpol) a stabilire delle misure coercitive contro individui sulla base di semplici ipotesi secondo le quali queste persone potrebbero in futuro costituire una minaccia.

Braccialetto elettronico, divieto di contatto, divieti geografici e perfino arresti domiciliari: queste misure potrebbero essere applicate contro delle persone che non hanno commesso alcun crimine e che non sono nemmeno sospettate di preparare un atto criminale. Con l’eccezione degli arresti domiciliari, la polizia federale potrebbe ordinare le misure coercitive di sua iniziativa e senza controllo giudiziario. Queste misure potrebbero essere perfino applicate contro bambini di 12 anni (per gli arresti domiciliari dai 15 anni).

Durante la discussione in parlamento sulla legge federale, le organizzazioni non governative hanno esplicitamente segnalato i pericoli che questa rappresenta per i diritti umani. Questa critica è stata condivisa da 60 professoresse e professori di diritto svizzero, dalla Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa e da alti rappresentanti delle Nazioni Unite. Nel settembre 2019, il Parlamento svizzero ha comunque adottato la legge senza apportare miglioramenti sostanziali, fatto che ha portato i movimenti giovanili dei partiti a lanciare un referendum.

«Le ONG sosterranno il comitato referendario con argomenti relativi ai diritti umani durante la campagna referendaria. Mobiliteremo i nostri soci e i nostri attivisti per convincere elettori ed elettrici a votare no a questa legge arbitraria”, ha dichiarato Patrick Walder.

Su questo sito trovate maggiori informazioni: www.amnesty.ch/misure-polizia

 

Organizzazioni non governative svizzere contrarie alla legge sulle misure di polizia

Amnesty International e la piattaforma delle ONG svizzera per i diritti umani (una rete di 90 ONG svizzere), con:
ACAT Svizzera
Associazione Uniti dal Diritto
Consiglio Svizzera per la Pace
Digitale Gesellschaft
dirittifondamentali.ch
Donne di Pace nel Mondo
Donne per la Pace Svizzera
Federazione Svizzera delle Associazioni Giovanili
Giuriste e Giuristi democratici svizzeri
GSsE
humanrights.ch
Nostro Diritto
Organizzazione mondiale contro la tortura
Public Eye
Rete svizzera diritti del bambino
Società per i popoli minacciati Svizzera
Solidarité sans frontières
Terre des Femmes