Non sottovalutiamo quanto sottoposto a votazione il prossimo 25 novembre che inneggia a una presunta autodeterminazione. Non entrando nel merito delle singole conseguenze negative che potrebbe avere l’accettazione di questo testo, mi limito a citare ciò che tocco con mano quotidianamente ovvero le attività delle aziende che lavorano, importando o esportando, con i mercati esteri.
Con l’iniziativa cosiddetta «per l’autodeterminazione» rischiamo di minare il nostro benessere economico, vale a dire la competitività delle nostre imprese che – in un mercato di piccola dimensione come quello elvetico – devono poter disporre di condizioni quadro favorevoli per operare all’estero. Il protezionismo purtroppo sta guadagnando terreno ma è in piena contraddizione con i principi di mercati aperti e di commercio libero promossi dall’Organizzazione mondiale del commercio di cui la Svizzera è onorata di fare parte.
La nostra Confederazione, piccola nazione in mezzo a grandi potenze mondiali, non può permettersi di rinchiudersi in se stessa pensando di poter garantire un benessere economico come quello attuale. La Svizzera è uno dei dieci principali Paesi esportatori al mondo. Ciò significa concretamente che la forza della nostra economia si fonda sull’export: 2 franchi su 5 sono guadagnati grazie alla politica esterna. L’iniziativa «Per l’autodeterminazione» non mira solo a rivedere i possibili accordi futuri, ma mina anche quelli già in vigore. Quali sarebbero ad esempio le conseguenze per i 30 accordi di libero scambio (con oltre 40 partner) che permettono alle aziende di avere vantaggi fondamentali sui mercati esteri e di essere innovative, produttive e vincenti?
La concorrenza internazionale per le nostre PMI è molto forte ed esse sono costrette ad affrontare un contesto estremamente dinamico. Oggi dobbiamo evitare di isolarci e restare competitivi combattendo con tutta forza il protezionismo dilagante che nuoce gravemente alla nostra economia.
Già oggi la Svizzera non conclude nessun trattato che non rispetti la Costituzione federale, non mettiamo in pericolo tutto quanto costruito poiché a pagarne le conseguenze sarebbero le aziende e, in definitiva, i nostri posti di lavoro. No quindi all’isolamento della Svizzera, no all’iniziativa per l’autodeterminazione!
Valentina Rossi, responsabile Servizio Export, Cc-Ti
Opinione apparsa sul Corriere del Ticino, 8 novembre 2018