Imprese, diritti umani e ambiente

Avv. Paolo Bernasconi

Diritti umani, dove se ne parla nel diritto svizzero? Ovviamente nelle convenzioni internazionali ratificate dal Parlamento svizzero. La menzione del “rispetto dei Diritti umani” non si trova nella Costituzione federale, ma la si trova però, dall’inizio di quest’anno, nascosta in un angolino del Codice delle Obbligazioni: è l’art. 964b CO. Se ne parlerà sempre di più. Il “rispetto dei Diritti umani” non è entrato nel diritto svizzero attraverso il portone principale, accompagnato da una fanfara. Ci è entrato invece da una feritoia aperta dal Parlamento, celebrando la consueta liturgia del poker parlamentare: da parte degli oppositori contro un’iniziativa popolare viene innalzata sempre di più la posta di un controprogetto, allo scopo di neutralizzare il rischio di successo di un’iniziativa in occasione della votazione popolare.

Questa volta, per neutralizzare l’iniziativa riguardante la responsabilità delle multinazionali, era stato lanciato il controprogetto che poi è diventato legge. Infatti, benché la maggioranza del popolo svizzero avesse approvato il testo dell’iniziativa in occasione della votazione popolare del 27 novembre 2020, questo testo non è mai entrato in vigore, poiché venne respinto dalla maggioranza dei Cantoni. Ma fu una vittoria di Pirro, così come possono constatare tutte le società quotate in borsa sottoposte anche al Codice delle Obbligazioni.

Infatti, l’art. 964b CO ora in vigore prevede l’obbligo di allestire la cosiddetta “relazione sugli aspetti extra-finanziari” che “fornisce ragguagli sulle questioni ambientali, in particolare sugli obbiettivi in materia di emissioni di CO2, sugli aspetti sociali e su quelli inerenti al personale, sul rispetto dei Diritti dell’Uomo e sulla lotta alla corruzione.” Questa “relazione extra-finanziaria” contiene inoltre le informazioni necessarie per la comprensione dell’andamento dell’impresa, dei suoi risultati, della sua situazione e dell’impatto della sua attività sugli aspetti summenzionati.

Greenwashing e peacewashing non ammessi

Secondo le voci raccolte presso studi di avvocatura svizzeri, una grande maggioranza delle società coinvolte non ha ancora afferrato tutte le ricadute di questo obbligo legale. Infatti, è vero che la “relazione extra-finanziaria” dovrà essere allestita per la prima volta all’inizio dell’anno 2024, trattandosi del rendiconto sull’esercizio societario durante l’anno 2023.

Ma si dovrà provvedere rapidamente, prima della fine di quest’anno, a raccogliere tutti i dati che saranno poi necessari per stabilire la “relazione extra-finanziaria”, poiché si fonderà sui dati esistenti presso le aziende e le società a partire proprio dal 1º gennaio 2023. Il greenwashing, le decorazioni di facciata, il peacewashing e simili operazioni cosmetiche non saranno ammesse. Se durante l’anno 2022 non saranno state messe in opera le misure che saranno poi descritte nella “relazione extra-finanziaria” basata sull’anno 2023, questa relazione sarà molto povera. Ciò cagionerà ricadute sul piano reputazionale, sul pubblico selezionato delle persone interessate a una società determinata, in particolare gli investitori.

Previste multe sino a 100mila franchi

Ma c’è di peggio: mentre durante la campagna precedente la votazione popolare tutta l’attenzione era concentrata sull’art. 964b CO, il controprogetto federale prevedeva anche una modifica del Codice penale, dando pertanto luogo a un nuovo art. 325ter, che prevede una multa sino a 100’000 franchi per ogni violazione degli obblighi previsti dall’art. 964b CO. La punibilità è prevista anche in caso di negligenza. Il Ministero pubblico deve intervenire d’ufficio, ciò a cui sarà indotto grazie all’attivismo di quelle organizzazioni non governative (Ong), che cominceranno durante l’anno 2024 a studiare queste “relazioni extra-finanziarie”. Ancora una volta, il Parlamento svizzero, piuttosto che prevedere un obbligo esplicito di rispettare i Diritti dell’Uomo e di rispettare l’ambiente, ha preferito una soluzione indiretta, ossia obbligare le società pubbliche con sede in Svizzera a rendere conto delle loro iniziative in questo settore, nell’ambito della loro “relazione extra-finanziaria”.

C’è da attendersi una benefica reazione a cascata, poiché le società quotate in borsa dovranno verificare la condotta delle società delle loro catene di fornitura. Per questo motivo, anche tutte queste aziende con sede in Svizzera oppure all’estero, dovranno adeguarsi, per non perdersi mandati e appalti. Le società, pertanto, dovranno non soltanto finalmente mettere questo argomento all’ordine del giorno della prossima riunione del proprio Consiglio di amministrazione, ma dovranno anche fare appello alla consulenza di professionisti specializzati in questi campi, in particolare i giuristi nei cinque settori enumerati nell’art. 964b CO. Anzitutto si dovranno menzionare tutte le basi legali applicabili, come per esempio, nel quadro della lotta contro la schiavitù e i lavori forzati, le convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil). Ma questa “relazione extra-finanziaria” sarà importante specialmente per tutte quelle grandi imprese in Svizzera che producono e commerciano nei paesi in via di sviluppo o che acquistano i loro prodotti in questi paesi, senza tenere conto dell’obbligo di verificare le catene di fornitura. A partire dal 1º gennaio 2024, le società dovranno menzionare e descrivere nella loro “relazione extra-finanziaria” i rischi che non sono state in grado di neutralizzare o di minimizzare.

Il parlamento svizzero non è mai pioniere

In questo settore, il Parlamento svizzero non è mai pioniere: leggi analoghe sono già in vigore in Germania (“Lieferkettengesetz”), in Francia (“Loi de vigilance”) e in Gran Bretagna (“Modern Slavery Act”). Ma ciò che richiederà un costante sforzo supplementare sono le iniziative regolatrici dell’Unione Europea: qualche settimana fa la Commissione europea ha lanciato un progetto di legge contro i lavori forzati, mentre alcuni giorni orsono il Parlamento europeo ha previsto l’approvazione di una legge riguardante le catene di fornitura relative alla deforestazione.

Queste norme, analoghe alla Legge Usa contro i lavori forzati nello Xinjiang, colpiranno specialmente i prodotti provenienti da questa regione occupata dalla Cina, dove centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini appartenenti alle comunità etniche minoritarie, sono incarcerati e torturati nei campi di concentramento, così come è appena stato confermato dal Rapporto dell’Alto commissario per i Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite. Sarà allora necessario una volta di più adattare il Codice delle obbligazioni alle innovazioni promosse dall’Unione Europea, allo scopo di evitare alle società svizzere di mettere in opera e applicare sistemi differenti, l’uno di diritto svizzero e l’altro di diritto europeo, oltre a quello di diritto Usa.

Questo articolo è comparso in francese sulla Tribune de Genève

Articolo su La Regione