Ma chi sono mai questi giudici stranieri messi all’indice dall’UDC? I promotori della cosiddetta iniziativa per l’autodeterminazione equivocano sui giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE). Suggeriscono che siano dei “balivi”. Una chiara mistificazione. La Svizzera non aderisce all’Unione europea, non è dunque vincolata dalla Corte di giustizia dell’UE. Se ne parla nell’ambito di un accordo quadro, ma siamo ancora in alto mare. Alla fine restano soltanto i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) che non ha nulla a che fare con l’UE. È infatti un’emanazione del Consiglio d’Europa di cui fa parte a pieno titolo anche la Svizzera. I giudici della Corte EDU sono i veri bersagli dell’iniziativa dell’UDC. Ma che senso ha screditare i magistrati di un Tribunale indicato da Papa Francesco come la coscienza dell’Europa per i diritti umani? I giudici a Strasburgo sono 47 e ognuno di loro rappresenta il proprio paese. Sono eletti democraticamente dai paesi membri e dunque anche dalla Svizzera. Due di loro hanno il passaporto rossocrociato, Carlo Ranzoni per il Lichtenstein e Helen Keller per la Svizzera. Finora 6 magistrati svizzeri hanno esercitato la funzione di giudice a Strasburgo fra cui Luzius Wildhaber che fu il primo presidente della Corte permanente. “Non sono straniera né in Svizzera né a Strasburgo, sono indipendente – osserva Helen Keller – non difendo la Svizzera, questo compito incombe ai rappresentanti del nostro governo presso il Consiglio d’Europa. Svolgo però un importante ruolo di consulenza nei casi concernenti la Svizzera per spiegare alla Corte le particolarità delle procedure e delle istituzioni elvetiche”.
Le sentenze contro la Svizzera sono molto rare, appena l’1,6% dei ricorsi. Una quota irrisoria rispetto alle condanne pronunciate contro paesi come la Russia, la Turchia, ma anche l’Ungheria o l’Italia. Certo vi sono sentenze della Corte di Strasburgo che appaiono discutibili ma ciò vale anche per i Tribunali di Bellinzona o Losanna. In generale la Corte EDU conferma le decisioni prese dalle autorità svizzere e questo anche in materia d’espulsione di criminali stranieri. La netta maggioranza di questi ricorsi, circa il 70%, viene respinta. Tanto che la Svizzera è citata come esempio dal lussemburghese Dean Spielmann, ex presidente della Corte EDU. In un discorso commemorativo al Consiglio nazionale ha detto : “la Svizzera è un modello che parecchi altri paesi membri del Consiglio d’Europa dovrebbero seguire”.
Questo modello di successo e vanto per noi è grazie al nostro rispetto di istituzioni internazionali che promuovono lo Stato di Diritto e non lo indeboliscono. La Corte europea dei diritti dell’uomo è l’ultimo baluardo che permette ai cittadini di difendersi dai soprusi dello Stato.
La Svizzera è un modello di democrazia e di rispetto dei diritti umani, ma non è senza macchie. Anche da noi vi sono leggi lacunose, anche da noi si commettono ingiustizie a tutti i livelli, fino al Tribunale federale. La Corte europea dei diritti dell’uomo è l’ultimo salvagente per i cittadini contro i poteri pubblici. Ne sanno qualcosa le vittime dell’asbestosi provocata dall’amianto, degli internamenti amministrativi arbitrari, delle sanzioni ingiustificate o delle violazioni della libertà di stampa e d’espressione. Parecchie di queste vittime hanno ottenuto giustizia grazie alla Corte di Strasburgo al termine di lunghe, estenuanti battaglie. Ecco perché anche la Svizzera ha talvolta bisogno di un’istanza giudiziaria internazionale per correggere i propri errori. Per questo il 25 novembre sosterrò il NO all’iniziativa UDC per l’autodeterminazione.
Daniele Piazza, Giornalista