Questa è la nostra democrazia diretta

Questa è la nostra democrazia diretta

Lo speciale del Corriere del Ticino del 26 novembre sui risultati della votazione federale sull’iniziativa per l’autodeterminazione.

 

Giudici stranieri

«Questa è la nostra democrazia diretta»

L’iniziativa «Per l’autodeterminazione» è stata bocciata da due votanti su tre – Sommaruga: il popolo si è espresso chiaramente

Ci si aspettava una sconfitta per l’Unione democratica di centro. Gli ultimi sondaggi l’avevano prevista. E la bocciatura, concretizzatasi con il 66,2% di voti contrari e nemmeno un cantone a favore, è arrivata. L’iniziativa popolare «Il diritto svizzero anziché giudici stranieri» («per l’autodeterminazione») non è passata. Un risultato che rallegra il Consiglio federale. D’altronde l’UDC non era riuscita a convincere nessun altro partito a sostenere la sua causa. Il Ticino, dove il risultato invece non risultava scontato, ha respinto il testo con quasi il 54% di no. Assieme a Svitto e Appenzello Interno il nostro è il cantone che ha maggiormente sostenuto la proposta democentrista.

DA BERNA
GIORGIA VON NIEDERHÄUSERN

Dibattiti come quello che si è formato attorno all’iniziativa popolare «Per l’autodeterminazione» appartengono alla Svizzera. Dibattiti capaci anche di fare leva sull’emotività delle parti. «Alla fine a decidere è il popolo», ha esordito nel suo discorso a termine dello spoglio la consigliera federale Simonetta Sommaruga. «Questa è la nostra democrazia diretta». E il popolo, in questo caso, la sua voce l’ha fatta sentire forte e chiara: con il 66,2% di voti contrari ha bocciato l’iniziativa dell’Unione democratica di centro, che mirava a a dare alla Costituzione federale precedenza rispetto al diritto internazionale e che esigeva un protocollo prestabilito di rinegoziazione e, eventualmente, denuncia di trattati in caso di contraddizione fra il diritto elvetico e quello internazionale. Una proposta che non ha trovato consenso in nessun cantone. La maggioranza dei no è giunta da Neuchâtel (77,3%), seguita da Vaud (76,6%), Giura (75,5%) e Ginevra (75,3%). La maggior parte dei sì è invece statia registratiaa Svitto (52,9%), nel semicantone di Appenzello Interno (53,0%) e in Ticino (53,9%).

Il risultato ottenuto, ha affermato Sommaruga, conferma quanto votato dai cittadini elvetici in passato. Nel 2012, ha ricordato, gli svizzeri hanno detto no al testo «Accordi internazionali: decida il popolo!», teso a estendere il referendum obbligatorio per gli accordi internazionali. Nel 2013 anche l’Iniziativa «Elezione del Consiglio federale da parte del popolo» è stata bocciata. Lo stesso è successo nel 2016 per il testo «Per l’attuazione dell’espulsione degli stranieri che commettono reati», che voleva limitare le competenze dei giudici. Tutti testi lanciati o sostenuti dall’Unione democratica di centro.

L’importanza del compromesso

«Questi risultati non sono un caso. Le nostre istituzioni garantiscono che nessuno possa decidere su tutto da solo», ha affermato la capa del Dipartimento di giustizia e polizia. Nel nostro sistema, «tutti controllano l’operato degli altri. Questo porta equilibrio e obbliga ogni volta a trovare compromessi, dando sempre l’ultima parola ai cittadini». Questi ultimi, ha proseguito la consigliera federale, sanno apprezzare questo continuo lavoro di contrappeso. «Sanno che senza compromessi non si avanza».

La Svizzera è un Paese in cui coabitano varie lingue, culture e religioni. Il nostro sistema democratico, secondo Sommaruga, è fatto per rispondere precisamente a queste differenze e trovare soluzioni per tutti gli abitanti della nazione. «Un approccio del tipo “o tutto o niente” o “bianco e nero” non sono ciò che ha portato successo alla Svizzera».

Complimenti ai cittadini attivi

Come già successo in altre votazioni (ad esempio la riforma dell’asilo, un altro tema che è stato particolarmente a cuore alla «ministra»), non solo i partiti ma anche membri della società civile si sono impegnati nel dibattito. Uno sforzo molto apprezzato da Sommaruga. «La democrazia – ha concluso – vive della partecipazione della popolazione».

Certezza o caos?

Con l’iniziativa «per l’autodeterminazione» l’UDC mirava a mettere regole precise nel rapporto fra il diritto elvetico e il diritto internazionale, ancorando nella Costituzione la precedenza della stessa al diritto internazionale. Di fatto così il partito di destra puntava a garantire che quanto votato dal popolo svizzero potesse sempre essere applicato alla lettera. Tribunali all’estero o autorità giudiziarie elvetici che applicano disposizioni internazionali avrebbero dovuto sempre dare prevalenza alla Costituzione. In questo modo, affermavano i fautori del testo, si sarebbe raggiunta una migliore certezza del diritto in caso di conflitto fra norme svizzere e disposizioni internazionali.

Per gli avversari era invece vero il contrario: accettare il testo avrebbe voluto dire creare soltanto caos. Inoltre, la protezione dei diritti di ciascun cittadino (garantita anche da «giudici stranieri», ovvero la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo) sarebbe stata messa in pericolo. Non solo: anche la credibilità della Svizzera in quanto partner e interlocutore sul piano internazionale sarebbe stata messa in discussione. «Chi farà ancora affari con noi – si chiedeva il mondo economico – se finiremo per disdire gli attuali accordi con le altre nazioni?». Una domanda alla quale, probabilmente, nemmeno il popolo ha saputo darsi risposta.

I vincitori «Anche in Ticino c’è stata una dimostrazione di maturità politica»

Merlini: «Leggo questo risultato come una svolta e una prima vittoria» – Lombardi: «Ci si rende conto che l’isolamento del Paese non sarebbe produttivo»

«Il motivo di soddisfazione è doppio. Ovviamente per l’esito a livello svizzero, ma soprattutto per quello a livello ticinese», commenta il consigliere nazionale Giovanni Merlini (PLR), che nella campagna di voto era stato fra i più attivi sostenitori del no. «Leggo il risultato cantonale come una svolta, perché sui temi internazionali il Ticino si esprime per la prima volta in tendenza col voto nazionale. Il titolo di questa iniziativa era fraudolento ma molto seducente. L’iniziativa è stata impostata abilmente dai promotori. Il fatto di non aver abboccato è un segnale importante di grande maturità politica. L’importante è non sedersi sugli allori ma rimboccarsi già subito le mani per cercare di lavorare su questo ottimo risultato in vista dei prossimi appuntamenti che ci vedranno confrontati con l’Europa, come l’iniziativa per disdire l’accordo sulla libera circolazione delle persone. Si tratta di riuscire ad affrontare questi temi su una base di minore emotività e maggiore serenità». Ma non crede che il risultato sia anche dovuto ai limiti intrinseci dell’iniziativa, più complessa e con meno richiami emozionali rispetto ad altre lanciate dall’UDC? «La componente emozionale la vedevo nel giocare sull’idea di sovranità e di autodeterminazione, un po’ sull’onda del sovranismo che si sta diffondendo in Europa, con l’illusione di poter sempre comunque autoderminarsi a prescindere dalle nostre interrelazioni con l’estero. Per fortuna il testo dell’iniziativa era piuttosto caotico e conteneva contraddizioni. Da questo punto di vista siamo stati aiutati. Ma il tema era di quelli che poteva fare presa».

Per il Ticino è proprio una svolta o piuttosto un episodio? «Sono un inguaribile ottimista, per cui tendo ad interpretare questo risultato come una svolta. La maggioranza dei ticinesi si è resa conto che la politica fatta solo di slogan e di emozioni non ci porta molto lontano e ci espone a dei rischi. Per questo dobbiamo lavorare su questo risultato per consolidarlo in vista di ulteriori appuntamenti. Sarà difficile. È una prima vittoria, ma bisognerà continuare ad argomentare bene, spiegando che la libera circolazione delle persone non ha soltanto controindicazioni».

Sulla medesima lunghezza d’onda il consigliere agli Stati e capogruppo PPD alle Camere Filippo Lombardi, «in Ticino, come nel resto della Svizzera, si nota un progressivo distaccamento dell’elettorato da iniziative popolari del tipo di cui ci ha abituati l’UDC». Il risultato lo rallegra: «È un bel segnale» che indica che nel nostro cantone e nel resto del Paese ci si rende conto che le proposte democentriste sono «esagerate» e che porterebbero ad un isolamento che «non sarebbe produttivo». Fermo restando, aggiunge, che la nazione deve proteggere i suoi interessi. Anche in futuro l’agenda politica affronterà molti temi legati al rapporto Svizzera-estero. «Il risultato però ci fa dire che è possibile spiegare ai cittadini che lo scontro e la rottura non pagano» conclude il presidente della Commissione della politica estera degli Stati.

In Ticino, il PS dice che il no mostra anche come la popolazione «ne abbia abbastanza delle iniziative dell’UDC contro i nostri diritti». Un risultato, per i Verdi, giunto «nonostante anni di politica del sospetto e della diffidenza verso tutto ciò che viene da fuori dai confini». Da parte sua il comitato interpartitico cantonale «No all’isolamento della Svizzera», composto da rappresentanti di associazioni economiche, della società civile e di diversi partiti parla di «notevole dimostrazione di maturità politica anche da parte di un cantone di frontiera come il Ticino». «L’UDC ha distribuito bugie e il popolo ha capito», sostiene Paolo Bernasconi, dell’associazione Uniti dal diritto. GI.GA./GVN

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